venerdì 15 ottobre 2010

Utile et humile et pretiosa. Soprattutto preziosa.

Il 12 ottobre, su www.Repubblica.it, è comparso un articolo piuttosto interessante su un progetto pubblicizzato da Coop che dovrebbe spingere i consumatori all'utilizzo maggiore di acqua del rubinetto rispetto all'acqua minerale. Sono rimasta colpita da alcune frasi espresse ad onore del contraddittorio da parte di E. Fortuna, presidente di Mineracqua. In particolare, la frase (che riporto interamente):

"Ci siamo stancati di sentire dire che l'acqua del rubinetto e quella in bottiglia sono uguali - ragiona Fortuna - . Non è così. Si vuol far credere agli italiani che se comprano l'acqua devono sentirsi in colpa perché inquinano l'ambiente... "

Beh, ammetto di essere voce di parte, ma ammetto anche che questa, che personalmente chiamo "informazione falsa e volutamente deviata", che sposta l'attenzione dal problema vero e non dà una risposta, mi ha piuttosto fatto arrabbiare.
E' soltanto un esempio, l'ennesimo, di come l'uso delle parole possa esprimere concetti senza portare alcun elemento serio a suffragio delle affermazioni.
Credo che gli Italiani possano decidere loro sponte, in coscienza, se credono doveroso sentirsi in colpa o meno. Bisognerebbe piuttosto far capire (e non "far credere") agli italiani che comprare l'acqua in bottiglia contribuisce effettivamente all'inquinamento in vari modi.


Impossibile in poche righe analizzare un elemento tanto dibattuto e ampio, ma sta di fatto che ci sono dei punti piuttosto fermi e riconosciuti:
  1. la qualità dell'acqua del rubinetto è garantita nella stragrande maggioranza dei casi, in Italia e non solo;
  2. stoccare l'acqua in bottiglie, soprattutto in quelle di plastica, implica un enorme dispendio di energia e di materia. Entrambi i dispendi ricadono sull'ambiente in vari modi: a partire dall'inquinamento per la produzione di energia a quello generato dalla lavorazione della materia, a partire dal consumo di risorse che non possono essere riprodotte o impiegate ad altro scopo, alla produzione di CO2, dal consumo di materie prime per produrre bottiglie al consumo di energie per smaltirle o riciclarle;
  3. il trasporto di un'enorme quantità di bottiglie d'acqua, che in genere avviene su ruota, ricade sull'ambiente come inquinamento generato dal traffico, oltre al fatto che lo stesso traffico generato sulle nostre strade crea ulteriori problemi (tralasciamo la CO2 prodotta);
  4. nella maggior parte dei casi, tra acqua del rubinetto e acqua minerale naturale, la composizione non è molto dissimile
Insomma, a volte l'acqua in bottiglia (ma pochissime delle cosiddette "minerali" imbottigliate) ha proprietà chimiche diverse da quella del rubinetto. Non è detto, tra l'altro, che le proprietà chimico-fisiche di alcune acque "minerali" facciano bene a tutti (troppi o troppo pochi sali minerali, a volte, possono dare problemi all'organismo).
La qualità microbiologica dell'acqua potabile è ben definita dalla legge: non ci devono essere batteri. Per questo a volte (non sempre) l'acqua dell'acquedotto è trattata con Cloro, che ossida la sostanza organica, eliminandola, e con essa eliminando tutti i batteri. Sentire un vago odore di cloro ci garantisce che l'acqua è microbiologicamente sicura, e per chi potesse trovarlo un odore/gusto spiacevole perchè è più sensibile ad odori e sapori, basta tenere l'acqua all'aria per pochi minuti, in una caraffa o in una bottiglia.
Se poi ci piacciono le bollicine, può valere la pena acquistare dell'acqua che, tuttavia, ha subito un trattamento di addizione di CO2. Cosa che ormai con poche decine di euro può fare chiunque direttamente in casa.

In sostanza, la bottiglia è comoda per portarsi in giro l'acqua ad uso personale o per garantire igiene in situazioni pubbliche. La bttiglia di plastica è leggera rispetto a quella di vetro ed è migliore per il trasporto in zaino o nella borsa.
Ma è quasi una presa in giro la pubblicità che ci spinge a sostituire l'acqua di rubinetto con la minerale in bottiglia: l'acqua di rubinetto è stata trattata ed è microbiologicamente pulita, ha un suo costo ma è contenuto, non viene rivenduta a molte volte il suo prezzo, e quando arriva al nostro bicchiere non ha generato diversi tipi di inquinamento dovuti al suo trattamento, imbottigliamento, immagazzinamento e trasporto.

I costi sono un'altra cosa interessante da analizzare, per capire quale sia l'interesse dietro alla diffusione di acqua minerale in bottiglia: bisognerebbe far capire agli italiani, che ogni tanto si arrabbiano se gli si tocca il portafogli, che una concessione di uso delle sorgenti ha un costo BASSISSIMO per chi imbottiglia, e che il ricarico su una bottiglietta da 30 centesimi è di conseguenza piuttosto alto.
Insomma, se
ci piacciono le bollicine (e ci piacciono), si può decidere di pagare un surplus per l'aggiunta delle bolle. Ma non per l'acqua del rubinetto messa in bottiglia!! Spesso, infatti, le fonti dell'acquedotto e quelle utilizzate per l'imbottigliamento hanno la stessa origine, e le caratteristiche "minerali" del prodotto sono le stesse.

(foto:
http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Drinking_water.jpg?uselang=it)

venerdì 4 giugno 2010

Riflessioni in rete

Sottotitolo: Pensieri sparsi e troppe parole


Qualche giorno fa mi sono trovata a fare quattro parole via web con una persona appena conosciuta in chat. Ne è nata una mini chiacchiera su un argomento che mi è molto caro e che spesso suscita reazioni poco convinte, poichè porta alla base l'idea di cultura e capacità comuni ed accessibili a tutti: la “rete” come concetto, come idea alla base di una realtà complessa che può accomunare scienze, economia, informatica, tecnologie, relazioni personali e quant’altro. Di seguito i ragionamenti fatti (spesso già discussi all’Almodobar con gli amici), necessariamente spogliati per brevità da molti collegamenti spontanei, che pure allargherebbero ed arricchirebbero il discorso.

Per come la vedo, la rete sembra essere una sorta di paradigma utilizzabile per descrivere interazioni, che scioglie il legaccio che costringe a rappresentare il reale secondo una serie “classica e lineare” di cause ed effetti, esplodendo le direzioni descrivibili in N dimensioni. Certo, per un’ecologa (o aspirante tale), la rete è la forma più facile per descrivere un sistema complesso per sua Natura. Immagino di non enunciare novità.

Esistono modelli matematici, descrittivi, narrativi, e la rete è semplicemente un modello tra i tanti, che consente tuttavia di rappresentare sistemi molto complessi. Poiché ogni modello può essere usato sia per descrivere che per riprodurre/riproporre una realtà ipotetica, la rete può essere usata anche per progettare. La rete per descrivere e la rete per pianificare: vedi anche le mappe mentali e la partecipazione, via web o in rete territoriale, per la creazione di progetti, la descrizione di una realtà o la ricerca creativa di una risoluzione a potenziali conflitti. Ecco il collegamento tra ecologia e IT…e lavoro collaborativo, interazioni sociali, economia, politica, creatività, arte, ecc.

Pazzia pura? Ecologia umana e digitale?

O forse in fondo tutti i sistemi obbediscono alle stesse regole comuni, che possono essere descritte con una sorta di protolingua modellistica. Questo può aiutare a comprendere come in fondo sia impossibile “non essere portati” per una qualche materia: concetti con una struttura simile possono spiegare realtà apparentemente molto diverse, in un mondo in cui le distinzioni per disciplina forse non hanno più bisogno (o senso) di esistere, così com’è stato in passato quando scienziato, filosofo e letterato erano incarnati dalla stessa persona. La rete, quindi, e la conseguente globalizzazione della cultura e delle discipline così come le concepiamo scolasticamente, possono aiutare a liberare nuovamente la cultura, mentre i mezzi a disposizione possono contribuire alla sua disseminazione (in un mondo ideale).

domenica 21 febbraio 2010

Dopo un inverno lungo - Grazie Milano

Quanto è viva e colorata Milano il primo giorno di quasi primavera dopo un inverno che per tutti è da archiviare come lungo e difficile.
Se normalmente i milanesi escono ai primi di marzo in cerca dei primi raggi di sole, in questo sabato di carnevale ambrosiano sembrava che tutti smaniassero per stare fuori a respirare un po' di aria, finalmente pulita dalle piogge dei giorni scorsi e dal vento. Fiorellini bianchi e gialli nei buchi del cemento, nonni e nonne sorridenti, bambini in maschera e in giacca a vento.

Un'intera giornata di quel cielo che a Milano è rarissimo, ma unico.
Una giornata con un vento leggero, che finalmente è sembrato ripulire i pensieri di tutti quelli che sono stanchi del periodo di crisi generalizzata, stanchi di freddo e pioggia, stanchi di polveri sottili e sporcizia morale, e che per mezza giornata hanno lasciato indietro i problemi e le preoccupazioni, portando i bambini a giocare con i cani al parco, mettendo una giacca più leggera, passeggiando e guardando finalmente in aria e non a terra a capo chino.

domenica 7 febbraio 2010

Irrigare il deserto

<<[...] Una volta mi ha detto che, di fronte a un deserto, un fiume ha due scelte: gettarsi con foga tra le sabbie, determinato ad attraversarle e irrigarle, con il rischio di seccarsi e spegnersi per sempre, oppure evaporare e diventare nuvola, per volare sopra il deserto e, piovendo sulle montagne, tornare al fiume. [...] - Tu cosa pensi? Risposi d'impeto: - Che irrigare il deserto è un'impresa difficile, ma vale la pena tentarla.>>

Wu Ming - Altai (Einaudi Stile Libero)

Riprendo lentamente a ragionare sulle voci che arrivano dalla sfera attorno a me. E non potevo non riprendere questo post che ho fatto su Facebook qualche giorno fa.
Riprende tre argomenti a me carissimi: la libertà, le sfide che affrontiamo e l'acqua.
Apparentemente non c'è molto in comune tra una cosa e l'altra, ma mi ha stupito come poche righe possano essere lette, anche dalla stessa persona, sotto tre aspetti completamente diversi.


La Libertà
Le frasi si riferivano in verità ad Ismail, errante nordeuropeo del sedicesimo secolo protagonista di Q (Luther Blisset). Ismail, chiamato anche Tiziano l'Anabattista, è la rappresantazione dell'anima errante ed affamata di cose nuove da vedere, e della volontà (per quanto criticabile) di raddrizzare i torti del mondo.
Lui è colui che sceglie di essere nuvola, di non rimanere a vedere del tutto la fine delle azioni a cui ha dato il via, è l'acqua "vagabonda" che vola sui continenti e supera le montagne per propria volontà di scoperta. Rinuncia, invece, al rischio (e non alla certezza) di seccarsi per irrigare il deserto, e di non vedere del tutto come si compiranno gli avvenimenti di cui ha fatto parte.

Le sfide che affrontiamo
La risposta viene da un uomo, Manuel, che invece aveva rinnegato il proprio passato ed ora lo riscopre come radici più profonde di quanto pensasse. E decide di realizzare quello che nella sua vita "intermedia" aveva deciso di abortire, di fare suo un sogno in cui crede, e anche di morire per questo, se dovesse servire. Ma ha una speranza forte nella riuscita di questo sogno. E crede che valga la pena correre il rischio di seccarsi nel deserto, pur di provare e riuscire.

Una frase che, pur banalmente, mi ha colpito molto, in un momento storico particolare in cui sento scivolare la voglia di lottare delle persone che vivono attorno a me, ma in cui vedo anche grandi empiti di ribellione e di voglia di cambiare, che esplodono e si lanciano nel deserto decisi ad attraversarlo...per poi seccarsi e disperdersi in mille rivoli poco utili gli uni agli altri.
Una seconda lettura viene dalla presa di coscienza più personale che ognuno di noi (io, per lo meno), ospitiamo all'interno questi due empiti. Il bisogno di volare alti, anche a costo di perdere la fine delle avventure che abbiamo cominciato e l'affetto di chi amiamo, e la necessità di lottare per quello in cui crediamo, anche a costo di seccarci nell'impresa.

Lungi da me capire cosa ci sia di corretto o scorretto in quello che facciamo, l'importante è che lo facciamo.

E poi c'è l'acqua, che come dice qualcuno "come argomento è peggio dell'informatica per gli ING".

lunedì 4 gennaio 2010

Caro amico ti scrivo

Dopo mesi (anni?) di ripensamenti, e qualche spinta, comincio finalmente l'avventura di scrivere qualcosa in rete. Non sarà il blog più bello e preciso a disposizione della "mia" rete: altri sono decisamente migliori. Ma sarà, spero, un laboratorio per imparare. Vorrei che fosse una ECO di casa, intendendo per "casa" tutto quello che ci circonda; vorrei che rispecchiasse un po' la mia idea di ECOlogia, perchè la casa in cui viviamo è questa, va capita e trattata bene. OIKOS, la casa, è un sistema fisico ma non solo, che ha regole precise e a volte inesorabili, ma che è bello quando si dispiega e ti lascia vedere quello che c'è dentro, capire come funziona. E siccome è casa di tutti, ma anche tua, ti fa incazzare quando qualcuno non si pulisce i piedi prima di entrare, ruba o rovina quello che c'è nelle sue stanze, si comporta come fosse tutto suo...o come se fosse di qualcun altro, senza bisogno di cura. Ci metterò un po', nei ritagli di tempo libero, a capire cosa devo fare per far funzionare questa nuova micro-avventura. Ma imparerò.